Tutti con il Panathlon contro il doping

di Massimo Fiorentino (del 10/06/2016)



Ancora una splendida opportunità per la città, quella offerta dal Panathlon Club Pesaro venerdi 10 giugno, che ha organizzato il Convegno "Il Doping: il mito della vittoria facile. Le pesanti conseguenze sulla salute e sull´attività sportiva", con alcuni personaggi d´eccezione invitati ad intervenire sul tema: Mario Vigna, vice Procuratore Capo dell´Ufficio di Procura Antidoping Nado Italia; Danilo Gambarara, specialista in Medicina dello Sport e referente Area biomedica della Scuola dello Sport Marche; Filippo Sabattini, pedagogista e formatore del Centro Studi Muovintè; Carolina Kostner, atleta e pluricampionessa mondiale.
Il Convegno Panathlon dell´Area 5, Emilia Romagna e Marche, ha visto la presenza di numerosi esponenti del Panathlon e dell´Amministrazione locale, rappresentati dal Sindaco Ricci e dall´Assessore Della Dora, da Luca Pieri, presidente dell´Aspes (che ha sostenuto l´iniziativa), insieme al vice Presidente Internazionale del Panathlon, Giorgio Dainese; al Governatore dell´Area 5 del Distretto Italia, Luigi Innocenzi; al presidente Coni Marche Germano Peschini, a numerosi Presidenti e rappresentanti dei Panathlon marchigiani e dell´Emilia Romagna.
Nell´introduzione di saluto, Dainese ha detto tra l´altro: "Il doping è sempre attuale. E´ un problema che riguarda la morale. Chi cerca alternative facili a fatica e allenamento è fuori dalle regole morali, da quei principi che il Panathlon si impegna invece ogni giorno a fare conoscere e promuovere sul campo".
Il Governatore Innocenzi ha proseguito: "Obiettivo dei Club di Emilia Romagna e Marche deve essere quello di promuovere i valori del Panathlon, cioè dello sport, inteso come mezzo per migliorare la società civile".
Nelle parole di Barbara Rossi, Presidente del Club di Pesaro e moderatrice, il significato del Convegno: "Oltre ad una conoscenza giuridica e medica vogliamo questa sera approfondire il tema dell´umano, della persona che é l´atleta, per provare a conoscere i motivi che possono spingere una persona a "farsi del male" a fare del male al proprio corpo. La nostra idea non é quella di giudicare ma di comprendere, per provare a limitare proprio attraverso una cultura sportiva e di prevenzione i disagi di coloro che arrivano a fare uso di sostanze dopanti".
Entrati poi nel merito vero e proprio, la parola è passata all´avvocato Vigna: "La prima regola (di un gioco, ma anche della vita) è conoscere le regole. Chi si avvicina ad una specialità sportiva deve conoscerne le regole di gioco. Anche le norme antidoping sono tra quelle da conoscere, prima ancora di iniziare l´attività. Anche perchè in Italia il doping è un reato penale, tanto è vero che quando noi abbiamo conoscenza di un caso di doping, siamo tenuti ad informare la Procura della Repubblica. Inoltre, il doping "vale" anche durante l´allenamento. Noi facciamo i controlli in gara ma anche, frequenti, al di fuori degli appuntamenti ufficiali. Il doping riguarda anche chi sta intorno all´atleta: medici, preparatori, familiari, soprattutto nel caso dei più giovani. E il doping è un fenomeno anche tra gli atleti dilettanti, che cercano scorciatoie facili. La "mia" ricetta? Prevenire, prima che sanzionare. Educare gli atleti, fin dal periodo scolastico, ad una condotta sana per la salute, secondo regole che aiutino anche a conquistare la migliore convivenza civile possibile".
L´intervento del dottor Gambarara è servito ad ampliare alcuni di questi temi: "il doping contravviene ai principi etici dello sport e della medicina. E rappresenta una minaccia seria per la salute stessa degli atleti, anche quando torneranno ad essere "semplici" normali cittadini. Purtroppo bisogna riconoscere che il doping esiste da sempre, dal primo momento in cui c´è stata una sfida tra due persone. E´ una pratica dove lo sostanze sono sempre più sofisticate e sempre più difficili da individuare, tanto che ora ci aspettiamo uno sviluppo possibile verso l´alterazione del DNA stesso dell´individuo. La guerra al doping è difficile: sono convinto che per combatterla sia essenziale educare chi pratica sport. Solo così potremo evitare episodi drastici, che arrivano fino alla morte dell´atleta o a gravissimi danni permanenti. Basta con la logica del successo ad ogni costo: tutti hanno diritto a fare sport anche se, come dice Gianni Morandi: solo uno su mille ce la fa... Tutti gli altri hanno gli stessi diritti (e doveri) di stare bene, di confrontarsi, di puntare a propri risultati positivi".
Il dottor Sabattini ha ribadito un concetto base: "Importante è trasmette valori ai più piccoli: quando l´atleta diventa adulto è troppo tardi per educarlo ad una sana pratica sportiva. Anche perchè lo sport ci porta a spostare in avanti il limite. Un´abitudine che vale poi nella vita di tutti i giorni, dove si trasforma in stimolo a vivere la vita sempre meglio. In ogni momento è fondamentale l´esempio, il guardare al comportamento delle persone significative che si incontrano nella vita: se si incontrano da piccoli l´efficacia è decisamente maggiore. In assenza di esempi, cioè di punti di riferimento, si può arrivare a cercare le scorciatoie con le sostanze...".
L´ultimo intervento è stato quello più sorprendente e coinvolgente: la "fata del ghiaccio" Carolina Kostner si è rivelata persona di profondo spessore e convinzioni. Chiamata ad una testimonianza sull´importanza dello sport pulito, è in realtà intervenuta a tutto tondo sulla sua esperienza di donna e di atleta: "Sono innamorata del mio sport, il pattinaggio, a cui sono arrivata dopo averne sperimentati diversi, e cerco di trasmettere a tutti il mio piacere di praticarlo. Essere atleta è molto più che puntare ad una prestazione: lo sport è soprattutto una sfida a sè stessi. E´ imparare a conoscere e gestire una sconfitta, a trovare la forza di rialzarsi dopo una caduta, ad avere rispetto per gli avversari. D´altra parte, non si può scindere l´atleta dalla persona. Ci possono essere momenti di crescita sfalsati, ma il percorso di maturazione e miglioramento è sempre globale: quando scendo sulla pista di pattinaggio non sono solo un´atleta, ma soprattutto me stessa. Mi metto ogni volta in gioco, con la mia persona, con il mio modo di essere. So di essere un esempio a cui la gente guarda, al di là dei lustrini di facciata applicati sull´abito da gara. Sento molto questa responsabilità e cerco di onorarla al meglio."
 
 
 




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