UN TITOLO DIMENTICATO



Nel 1950, Anno Giubilare, la pallacanestro pesarese aveva già raggiunto una vitalità esplosiva, che contagiava giovani e meno giovani sempre più numerosi. Il tifo raggiungeva livelli calcistici per sostenere la squadra cittadina, la “Victoria”, che combatteva all’aperto, nel catino vociante di Viale della Vittoria, per toccare il traguardo della promozione nel massimo campionato nazionale.


Naturalmente in questo clima, il libero accesso ad un campo scoperto, la fortuna di trovare un “maestro” come Agide Fava avevano fatto germogliare un fecondo “vivaio” di ragazzi e giovanotti.


Nello stesso anno si tenevano a Roma le finali del Campionato Nazionale CSI, praticamente un campionato “juniores”, cui partecipò con diritto una formazione pesarese condotta da Fava e che, nello scontro per il titolo si trovò di fronte la fortissima e favoritissima “Olimpia” di Milano in cui militavano il futuro C.T. della Nazionale Gamba, futuro condottiero di quello che fu il mitico team Borletti , nonché Valsecchi altro giocatore arrivato poi anch’egli in Nazionale.


E fu vittoria! Gli eroi immortalati nella foto, sono nell’ordine.da sinistra: Zidda, l’indimenticabile Agide Fava, Della Fornace (undicesimo uomo) Lanfernini, Minelli, Fronzoni, Riccio, Morsiani, Miccolis, Fabrizi, Baldelli.


 Come sempre succede….(ubi major minor cessat) l’entrata nella massima serie nazionale della squadra maggiore, ovviamente, eclissò l’impresa dei “ragazzi”, ed anche in seguito questa vittoria non ha mai trovato un riscontro mediatico, se non per questa stessa foto apparsa nel giornale regionale “Cronache 80” uscito nel settembre dell’81.


L’occasione del cinquantenario del Club appare opportuna per ricordare alcuni interpreti di quell’ impresa sportiva che oggi non sono più tra noi, dal grande Aido a Lanfernini, Della Fornace e Riccio. Possono invece raccontarla Zidda, Morsiani e Fabrizi, che sono tuttora soci del Panathlon di Pesaro.


In questa avventura romana le partite si svolsero su campi allestiti al centro di una enorme tendopoli, e gli atleti sistemati nelle tende su brande militari, con docce e bagni all’aperto.


L’esuberanza della gioventù sopperiva ad ogni carenza e si respirava un’aria di festa,di spensieratezza condita di allegra “monelleria”. Prima vittima di tanta festante esultanza fu un inerme barista che, subissato dalla masnada con un fuoco incrociato di ordinazioni, si vide esposto ad una malcelata scorreria nelle bacheche della pasticceria, cui reagì – cedendo al fatto – con un moto di spirito veramente encomiabile: “ mi arrendo, offro io i caffè, purchè ve ne andiate tutti….”


Ma il vero atto di pirateria avvenne nei giorni successivi: In occasione delle verifiche anagrafiche e disciplinari venne individuato nella tenda dei commissari una gabbia con una ventina di palloni nuovi. E’ doveroso premettere che la cronica anemia economica, unita al non perfettamente levigato fondo del campo in cemento a Pesaro, generava un esagerato consumo di palloni che, sovente, obbligava la forzata turnazione degli allenamenti.


La fatale conseguenza fu il pensiero di un piano strategico per venire in possesso di almeno un pallone. Fu una rapida decisione e facile fu impossessarsi del corpo di reato, più difficile il disegno di come allontanare ogni sospetto facendolo sparire e vanificare ogni possibile ispezione.


Così quando la squadra venne chiamata  ad uno dei consueti appelli dai commissari, l’esuberante gruppo, prelevato un pallone e spintolo con un calcetto fuori della tenda, dove lo attendeva l’undicesimo uomo – si poneva in posa artatamente a ventaglio per una foto collettiva che chiudeva  eventuali sguardi estranei, mentre l’unica riserva, che poteva impunemente lasciare il campo, piazzatasi dietro l’allegra brigata si preoccupava di sgonfiare la sfera e di metterla in borsa e via di corsa“ a far  visita ad una cara zia  residente nel centro di Roma”


Al ritorno a Pesaro il titolo venne festeggiato in maniera molto semplice: gli atleti furono invitati ad una cena a base di “lasagne bianche” consumata presso le Suore di Sottomonte Ardizio.


Erano altri tempi…..


 


GUIDO FABRIZI  (era giovane e..c’era)




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